Io sono una persona abitudinaria.
Ho la ferma certezza che seguire con costanza delle abitudini non sia affatto una brutta abitudine. Certo, è indispensabile non rendersi prigionieri della propria routine, imparare ad evadere di quando in quando o, quantomeno, sapere di poterlo fare. Ma ripetere con regolarità alcuni gesti mi alleggerisce dalla percezione di dover scegliere continuamente e, così, concedo alle mie sensazioni di carpire ogni stimolo e alla mia mente di vagare libera.
E così, in una domenica mattina autunnale e squisitamente abitudinaria, esco di casa per raggiungere il solito bar, bere il solito caffè e mangiare il solito croissant.
Dopo giorni e giorni di pioggia incessante, l’aria è fresca e pulita, al contrario delle strade cosparse di foglie, fango e profonde pozze d’acqua marroni.
Seduta al solito tavolino di fronte alla grande vetrata su strada, lascio scorrere la lenta città sotto i miei occhi.
Mentre gusto la totale assenza di colpi di scena, spio i passanti, uno ad uno: una mamma con neonato nella fascia e (ops!) due calze di colore diverso, un gruppo di ragazzini con la faccia segnata da una notte troppo lunga e una dormita troppo corta, un cane che porta a spasso il padrone e un distinto signore accigliato con il giornale sotto il braccio.
Nella ripetitiva normalità del paesaggio, improvvisamente qualcosa interrompe lo scorrere delle cose.
Lui, l’insospettabile, il signore con il giornale sotto il braccio si ferma di colpo a fissare una grossa pozzanghera davanti ai suoi piedi. Seguo il suo sguardo corrucciato, ma niente. Non riesco a trovare nulla di particolarmente interessante in quel laghetto marrone in mezzo al marciapiede. Che cos’è che non sto vedendo?
Il distinto signore si guarda intorno scrutando l’asfalto, con movimenti rapidi (del tutto insoliti per una domenica mattina autunnale). Si sposta a destra e sinistra, gira intorno alla pozzanghera, guarda sotto le macchine parcheggiate. Poi si volta di scatto e…eccolo lì! Proprio quel che cercava! Con lo sguardo vispo si fionda a raccattare da terra un lungo ramoscello. Lo osserva, ne testa la resistenza, sposta il giornale nella mano libera e torna in postazione davanti alla pozzanghera.
Noncurante dei passanti e del mio sguardo fisso, concentratissimo sulla sua missione, il signore fa un passo avanti, affondando completamente i piedi nell’acqua, si china, sfodera il bastoncino e lo immerge nella pozza per parecchi centimetri.
Per i successivi 10 minuti lo osservo agitare la sua piccola spada nelle viscere del nemico e spingerla sempre più a fondo.
Ma che diavolo gli ha fatto quella pozzanghera?
Mentre mi interrogo sulle stranezze della domenica mattina, il signore si ferma, guarda l’acqua intorno a sé, sorride soddisfatto e ricomincia con ravvivata convinzione ad infilzare l’asfalto.
Finalmente allargo anche io lo sguardo e mi accorgo che la pozzanghera è quasi sparita e che proprio là in mezzo sta emergendo un tombino circondato da foglie e monnezza, ora libero di svolgere il suo dignitoso compito.
Mentre, stupefatta, ammiro l’incredibile risultato, il signore con il giornale in mano termina la sua opera. Si guarda intorno, sorride un po’ più di prima e balza alla pozzanghera successiva.
E via. Sfodera il bastoncino, lo tuffa nell’acqua e lo agita finché non libera un altro tombino.
E poi un altro e un altro ancora.
Risultato: 4 tombini liberati.
Tempo di lavorazione: 25 minuti circa.
Estinta la quarta e ultima pozzanghera, appoggia con rispetto il prode bastoncino sotto un albero, si alza, osserva il suo operato, riposiziona il giornale sotto il braccio e se ne va sfoderando con orgoglio un largo sorriso sul volto.
In una domenica mattina qualunque, un accigliato signore con il giornale sotto il braccio ha indossato il suo mantello da Supereroe e, sprezzante del pericolo, ha impugnato la sua spada e salvato i destini del mondo.
Dico sul serio! Beh, certo, forse non ha salvato nessuna vita, ma certamente un pezzetto di dignità del genere umano sì.
E io sono rimasta a fissarlo fino alla fine, piena di ammirazione e un po’ di imbarazzo. Già, perché lui ci ha pensato e io no.
Chissà quante volte abbiamo avuto l’occasione di diventare Supereroi, ma non l’abbiamo fatto?
Forse ostacolati dalla soggezione: cosa penserebbero le persone intorno a noi se ci vedessero ripulire i tombini della città con un piccolo bastoncino in mano?
Sapete qual è la risposta?
Penserebbero che siamo dei Supereroi.
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